09 ago La Firenze di Vasco Pratolini
Qualche anno fa ho avuto il privilegio di assistere ad una “maratona” sulla proiezione di quattro film tratti da opere letterarie di uno dei più grandi scrittori italiani: il fiorentino Vasco Pratolini (nato nel 1913 e sempre vivo nel mio cuore).
Per tutto un mese, ogni giovedì sera, la piazza di Ognissanti si è prestata silente ad accogliere il popolo fiorentino – affamato di tradizione – e i turisti di passaggio – affamati di novità – per assistere a quest’opera combinata di cinema-Arte-Letteratura.
Tutti i film hanno ricevuto la completa ammirazione del pubblico ma l’apogeo è stato raggiunto da Metello: brano di affresco tutto fiorentino sulla società della fine dell’Ottocento.
Un’opera in cui le difficoltà della vita sono trattate con un linguaggio di un’intensità così semplice, così profonda, così autentica che è impossibile non identificarsi nei sentimenti dei personaggi e di condividerne passioni e angosce, nonostante le evidenti differenze e il divario tra le loro vite di un tempo e il nostro presente.
La nostra Firenze, in quell’occasione, ha vissuto un’esperienza indimenticabile, di cui serbo ancora oggi un ricordo misto di tenerezza e di malinconia. Per ben due ore la piazza si è immersa in un silenzino quasi surreale … interrotto solo alla fine da un lungo ed interminabile applauso.
Inutile dirlo, mi decisi a rileggere quel libro che si è fissato per sempre nelle pieghe della mia memoria dove risiedono incastonate le immagini delle bellezze dell’umanità creatrice.
“ … Trovi l’amicizia, e puoi trovare anche l’amore. E non devi mai né riconoscenza né devozione a nessuno. Aiutandoti, è se stessi che aiutano, i loro scoraggiamenti, le loro paure, i loro terrori. Gli devi amicizia e amore, quanto puoi. Non di più, altrimenti sarebbe ipocrisia, esagerazione. Siamo tanti girotondi, senza parere ci teniamo per mano. Se esci dal cerchio, allora sì, sei perduto. Il pane del povero è duro, e non è giusto dire che dove c’è poca roba c’è poco pensiero. Al contrario. Stare a questo mondo è una fatica, soprattutto saperci stare.”
Vasco Pratolini, Metello.