Novembre a Firenze: i granduchi di Lorena et la festa della Toscana

Potenza e fortuna della famiglia dei Medici

La grandezza della famiglia dei Medici, da Cosimo il Vecchio fino ad Anna Maria Luisa, è innegabile.
Fin da subito venne riconosciuta ed acclamata, ma anche temuta da tutti i regnanti d’Italia e d’Europa.
I Medici si distinsero da tutte le altre famiglie di banchieri fiorentini per diversi fattori significativi.
In primo luogo mancavano di ciò di cui i nobili si fregiavano: possedere un titolo nobiliare e discendere da una famiglia blasonata.
I Medici appartenevano al popolo e con il popolo si relazionavano.
Eppure le corone imperiali di tutta Europa si inclinavano di fronte a tanta superiorità economica.
Al di là del denaro, la loro ricchezza, però, riposava sulla grande attività di mecenatismo.

I Medici e la politica di promozione delle arti a Firenze

La loro forza era la potenza della cultura e delle arti che resero Firenze non solo la capitale finanziaria del loro tempo ma anche la capitale delle arti e delle lettere.

La storia della famiglia dei Medici è intrigante, sorprendente e piena di colpi di scena.
Innumerevoli sono i percorsi attraverso i quali a Firenze, e nei dintorni, possiamo seguire le vicende, gli intrighi e i misfatti di cui la famiglia è stata attrice e spettatrice, protagonista e vittima allo stesso tempo; ma anche i successi e le defaillances che li hanno accompagnati nell’ascesa e affermazione al potere.

Questi percorsi ci permettono anche di approfondire le incredibili relazioni intellettuali dei Medici con poeti, letterati, filosofi da un lato – si pensi a Poliziano, Marsilio Ficino, Pico della Mirandola – e con gli artisti dall’altro come Fra’ Angelico, Donatello, Botticelli e Michelangelo per citarne alcuni), in una collaborazione feconda che ha avuto il merito di rinsaldare il legame con l’Antico e la cultura classica e di costruire il pensiero culturale del rinascimento.

Ainsi, la renommée des Médicis fut immortelle – mais il n’en alla pas de même pour leur descendance, qui s’éteignit définitivement en 1743 avec la mort de l’exceptionnelle Anna Maria Luisa.

La fine di una dinastia straordinaria

A chi venne, allora, assegnato il granducato di Toscana?
Dopo complesse vicende risolte da delicati accordi diplomatici, la scelta cadde su una famiglia francese, i duchi di Lorena.

Diverse domande si pongono allora: come siamo arrivati a questo passaggio? Che interesse avevano i Lorena nell’assumere il governo del granducato di Toscana, rinunciando al loro ducato di Lorena in Francia?

Il granducato di Toscana, infatti, non aveva un grande valore dal punto di vista dell’estensione territoriale … la Toscana granducale ricalca gli stessi confini della Toscana attuale.
Tuttavia, questo piccolo stato era fondamentale per il mantenimento degli equilibri politici dell’Europa della prima metà del ‘700.
Di fatto, la scelta fu determinata da una serie di guerre di successione.
Dapprima quella spagnola, scoppiata nel 1700 dopo la morte, senza eredi, del re di Spagna Carlo II d’Asburgo; quindi quella di successione polacca; ma anche dalle problematiche legate alla successione al trono degli Asburgo d’Austria.

Una famiglia francese sul trono di Toscana

All’interno di queste dinamiche geo-politiche così complicate e fragili, Francesco Stefano di Lorena risultò l’uomo giusto al momento giusto.

Fidanzato con Maria Teresa d’Austria, unica erede dell’imperatore di Carlo VI d’Asburgo dell’impero austriaco, e quindi designato al trono dell’impero Asburgico Francesco Stefano cedette il suo ducato di Lorena a Stanislao I Leszczyński, suocero del re di Francia Luigi XV, che aveva perso il suo regno polacco. In cambio, però, l’ex duca di Lorena, oltre a diventare l’imperatore dell’impero d’Austria, ricevette anche la Toscana.

Tuttavia, solo alla morte dell’ultimo granduca mediceo, Gian Gastone, Francesco Stefano poté prendere ufficialmente possesso del Granducato.

Anna Maria Luisa, l’ultima della famiglia Medici, conserva l’eredità di famiglia

Gian Gastone, però, non era l’ultimo discendente: lo era Anna Maria Luisa.
Fu quindi con lei che François Étienne dovette confrontarsi per organizzare il passaggio di consegne, che avvenne nel 1737.
Vedremo nel prossimo articolo di febbraio come questa donna straordinaria riuscì, con eccezionale lucidità di mente e visione politica, a salvaguardare l’intero patrimonio mediceo. Nel frattempo, torniamo alla famiglia francese dei Lorena.

Gian Gastone, tuttavia, non era l’ultimo discendente della famiglia: Anna Maria Luisa lo era. Pertanto fu proprio con lei che Francesco Stefano dovette interfacciarsi per organizzare il passaggio di consegne che avverrà nel 1737. Vedremo nel prossimo blog di febbraio come questa donna straordinaria, l’ultima discendenza dei Medici, sia riuscita con estrema lucidità e lungimiranza a salvare l’intero patrimonio mediceo.
Nel frattempo però riportiamo l’attenzione sulla famiglia francese dei Lorena.

Il soggiorno fu molto breve ma gli permise di gettare le basi della sua politica illuminata che sarà poi portata avanti, in maniera eccellente, dai suoi eredi, in particolar modo dal secondogenito, Pietro Leopoldo.

La politica illuminata dei granduchi di Lorena in Toscana.

Francesco Stefano, infatti, aveva stabilito che al primogenito sarebbe spettato il trono imperiale, mentre al secondogenito il trono di Toscana.
Fu così che nel 1765, a soli 18 anni, Pietro Leopoldo arrivò a Firenze. Contrariamente, però, a tutti i granduchi medicei, egli decise di non risiedere nella lussuosa residenza di Palazzo Pitti.
Scelse così una villa periferica, posta sulle colline d’intorno a Firenze – oggi sul percorso verso il piazzale Michelangelo – la Villa del Poggio Imperiale.

La villa del Poggio Imperiale: testimone di decisioni importanti

Questa villa, documentata fin dal XVI secolo come possedimento della nobilissima famiglia Baroncelli, era entrata nelle proprietà della famiglia dei Medici fin dagli inizi del ‘600 e divenne la prediletta dalle granduchesse Maria Maddalena d’Austria e Vittoria della Rovere.

Sarà proprio al piano terreno di questa villa, eletta da Pietro Leopoldo a sua residenza ideale, che il granduca lorenese firmerà un documento importantissimo per il rispetto dei diritti dell’uomo.

30 novembre 1786 abolizione della tortura e della pena di morte

Da giovane aveva letto avidamente il saggio “Dei delitti e delle pene” scritto dal giurista milanese Cesare Beccaria. Un saggio di importanza capitale, messo immediatamente all’indice dei libri proibiti dalla chiesa ma che, fortunatamente, il Granduca di Toscana Francesco Stefano fece pubblicare nel 1764 proprio a Livorno, la città libera da ogni controllo del tribunale dell’Inquisizione. Da Livorno, questo testo raggiunse ogni parte del mondo, soprattutto i paesi protestanti dove sia il tribunale dell’inquisizione che l’indice libri proibiti non avevano valore.

Forte della sua autorità e conscio che il suo potere non doveva essere contrastato dalla chiesa, Pietro Leopoldo avviò un processo definitivo.

Dapprima commissionò al suo giurista Cosimo Amidei di scrivere un testo di rottura: “La chiesa e la repubblica dentro i propri limiti”, in cui si dichiarava che lo stato e la chiesa dovevano essere due realtà distinte, con ambiti di controllo diversi.
Quindi, per la prima volta al mondo, il 30 novembre del 1786, abolirà in Toscana il sistema di torture e la pena di morte.

L’ultimo atto Pietro Leopoldo avrebbe voluto compierlo scrivendo una nuova costituzione che purtroppo, però, questa riforma rimase solo un’utopia.